Foto di copertina di Luigi Tondo – Impasti – relazioni e pattern identitari.
Continua dalla seconda parte.
Dalla Regione Lombardia abbiamo poi avuto il piacere di ascoltare Grazia Aldovini, della Direzione Generale Autonomia e Cultura AESS.
Secondo la Relatrice, l’esperienza Lombarda nasce dalla lettura dei valori ecosistemici e paesaggistici e dal trovare attività periodiche (alcune delle quali con ricorrenza poliannale, come la “Santa Crus” dell’Ecomuseo Concarena Montagna di Luce, che si ripete ogni dieci anni).
La distanza temporale che separa il ripetersi degli eventi, insieme con la loro ritmicità, permette la crescita di un senso di aspettativa che permea la percezione di una ricorrenza, che diviene così capace di unire insieme generazioni diverse, concentrando al meglio le energie delle comunità.
Altrettanto importante è poi il senso di apertura verso l’esterno, strettamente connesso alla nascita di un “sé” distinto, nell’evoluzione identitaria di una comunità.
In questo senso, la definizione di ecomusei come “una comunità che riflette su se stessa, su cosa la rende unica e distinta dalle altre”, continua idealmente in “e capace di presentarsi al mondo”.
In questo senso va la presentazione, da parte della Relatrice Grazia Aldovini, della piattaforma “Intangible Search” della Regione Lombardia, un inventario del patrimonio immateriale che diviene centro per la catalogazione, capace di “tastare il polso” con continuità al patrimonio di comunità, riuscendo al contempo a valutare la capacità “legante” di nuove iniziative ed eventi.
Maria Rosa Bagnari, dell’Ecomuseo Erbe Palustri di Villanova di Bagnocavallo, ci ha permesso poi di apprezzare la sincerità alla base dell’autentica azione ecomuseale.
Quella dell’Ecomuseo Erbe Palustri è la storia di una singola esperienza che si evolve naturalmente, divenendo rete di pratiche.
Anche per l’Ecomuseo Erbe Palustri, come spesso accade, l’origine è una criticità, la quasi estinzione della tradizione di lavorazione del giunco, un sapere artigianale che nel passato costituiva il fulcro della Comunità.
Solo grazie all’iniziativa dei singoli (tra i quali indispensabile il ruolo della nostra Relatrice), si è arrivati al recupero delle tecniche che stavano svanendo, con risultati che hanno portato, nel proseguire le attività, a svolte inattese.
Da quel fuoco iniziale di passione e tenacia è nata la riscoperta del sentirsi Comunità, che ha visto le persone coinvolte nelle diverse attività dell’Ecomuseo fino alla fine (da parte dei più anziani partecipanti c’è stata la richiesta, poi esaudita, di avere il simbolo dell’Ecomuseo inciso sulla propria lapide commemorativa), ma anche una nuova attenzione al territorio, alle zone umide che stavano sparendo, al fiume come elemento di connessione delle diverse comunità con il paesaggio ed ai saperi artistici ed espressivi tradizionali.
In questo modo, quello che era partito come esperienza singola, ma basata su un sincero sentire, è divenuto nel tempo stimolo, per altre azioni e nuovi progetti, al comunicare e connettersi con le comunità vicine (connessione che è arrivata fino al gemellaggio con l’Ecomuseo di Acquarica del Capo, nel Salento) e a trovare la forza per presentarsi al mondo con una forte identità condivisa, articolata nelle distinzioni fra i singoli comuni.
Continua nella quarta (ed ultima) parte.
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