Un altro intervento molto significativo è stato quello di Nerina Baldi, Direttrice del Sistema Ecomuseale di Argenta e componente del Coordinamento Nazionale degli Ecomusei.
La Relatrice ha fatto il punto della situazione, indicando, in particolare, le direzioni di scambio di esperienze e ricerca che stanno avendo luogo a scala nazionale.
Un focus di ricerca attiva riguarda i progetti portati avanti dagli ecomusei nel campo del sociale e della micro-economia dei territori.
L’equilibrio degli ecomusei – ci riferisce Nerina Baldi – si sta spostando in modo da favorire concetti dinamici di operatività, rispetto ad un’ottica di pura catalogazione e conservazione.
Si sta affermando una visione secondo la quale, per rinsaldare i legami tra comunità e territori, occorre considerare l’interezza delle relazioni che ivi si svolgono, cercando di trovare i modi in cui l’ecomuseo possa intervenire sui processi in corso, proponendo direzioni alternative che rafforzino il senso dei luoghi e la loro identità.
Dunque, alle tradizionali attività di riscoperta, tutela ed informazione-educazione, si aggiungono le possibilità di creazione ed innovazione, attraverso le quali l’ecomuseo può divenire luogo d’incontro e comunicazione tra parti diverse della società.
È un processo attraverso cui arrivare alla creazione di una visione condivisa di futuro, un patto in cui anche le attività economiche, a livello locale, vengono coinvolte, riconosciute e responsabilizzate come elementi essenziali del territorio.
Diventa quindi essenziale, come priorità emergente, anche la capacità di interfacciarsi con i Piani di Sviluppo Rurale e Locale: il ruolo di un ecomuseo può divenire anche quello di aiutare a definire le direzioni ed i parametri affinché lo sviluppo perseguito dai Piani agisca nel senso di aumentare la coerenza di comunità e territori.
La facilitazione ecomuseale trova così nuovi orizzonti di espressione, permettendo il dialogo tra settori diversi ed aiutandoli a ritrovare il senso di un agire che sia sì economico, ma al contempo anche culturale, ecologico ed identitario.
Sull’esperienza “di rete” c’è stato poi l’intervento di Rita Auriemma, Professoressa dell’Università del Salento e Direttrice del Servizio catalogazione, formazione e ricerca dell’ERPAC (Ente Regionale PAtrimonio Culturale della Regione Friuli Venezia Giulia).
Dell’esperienza mutuata nel Friuli Venezia Giulia, la Prof.ssa Auriemma ha sottolineato l’importanza di portare avanti progetti che enfatizzino il “valore d’uso” del patrimonio di comunità.
L’intangibile, come anche i singoli beni del patrimonio, possono rimanere vivi unicamente nella loro continua ri-creazione da parte delle persone che si sentono parte di quella data comunità.
Possiamo immaginarli come sentieri: fino a che questi vengano percorsi con costanza, si mantengono aperti, diversamente tendono sempre ed inesorabilmente a scomparire, divenendo traccia storica di qualcosa che non è più.
Continuare a percorrere questi sentieri, che attengono sia allo spazio fisico (itinerari) che a quello mentale (identità) di una comunità, significa continuare a collegare, a tenere insieme le relazione tra patrimonio culturale e paesaggio.
Per riuscirvi, tuttavia, occorre spesso ripensare l’identità nella contemporaneità, riproporre l’eredità culturale e territoriale in chiave dinamico-evolutiva.
I modi per tenere aperte queste connessioni, queste “sinapsi di comunità” (in un parallelo con quello che affermava il premio Nobel Montalcini, sulla continua generazione, dissoluzione e rigenerazione delle sinapsi neurali negli individui) possono essere diversi; tra quelli sperimentati dalla rete del F.V.G. ci sono i “video di micronarrazione”, del Geoportale della Cultura Alimentare la cui realizzazione è affidata spesso agli studenti, in modo da renderli protagonisti creativi nella trasmissione dell’eredità culturale, rafforzando contemporaneamente la vitalità delle tradizioni ed il senso di appartenenza.